Dossier
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Il suono dimenticato della neve

07/01/2006
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Franco Fabbri,
La Repubblica

Se non fosse per i disagi che poi si devono affrontare, cosa c' è di più bello che svegliarsi e accorgersi che ha nevicato? Sì, proprio così: aprire le orecchie (prima ancora degli occhi) e sentire che la città, là fuori, ha un suono diverso, attutito, soffice, senza risonanze. Uno può accorgersene anche da altri indizi, insospettirsi per un battere esagerato di piedi di qualcuno sulla soglia di casa, per un' automobile che scalda il motore un po' a lungo (chi mai scalda più il motore, se non per far andare lo sbrinamento mentre da fuori toglie la neve dai vetri?), e ovviamente per il passaggio di uno spazzaneve o di uno spargisale (ahi, imbarazzo: questi sono suoni che sembrano davvero scomparsi, come le pale fra gli attrezzi condominiali). Si va alla finestra quasi con speranza, dimenticandosi nel torpore che tutto questo vorrà dire mezzi pubblici in ritardo, difficoltà di parcheggio, attraversamenti di strade su mucchi di neve o in pozzanghere enormi, e anche una radicale trasformazione del paesaggio sonoro: da quello poetico dei fiocchi che cadono a quello sgradevole del disgelo, dei filobus che lasciano la loro scia nella fanghiglia come vaporetti, del cic-ciac dei passi sui marciapiedi non ripuliti. Mai che nevichi in una giornata in cui è stato bloccato il traffico (mai che si blocchi il traffico in una giornata in cui nevica), ma chissà. A quanto pare, noi milanesi puntiamo sul riscaldamento globale. E pensare che nel 1985 cadde una giunta, per una nevicata. Forza, neve!